venerdì, Aprile 19, 2024

I Trigger point

Sapere dell’esistenza dei trigger point, può cambiare la vita di persone che soffrono di dolori e disturbi inspiegabili in qualunque parte del corpo e di evitare l’uso e abuso di farmaci  e di interventi chirurgici spesso inutili e non risolutivi.

Conoscere e trattare i trigger point può liberare in un attimo da dolori alla schiena, alle braccia, al collo, alle gambe che persistono da anni e che portano chi ne soffre al limite della disabilità

Se avete un dolore inspiegabile, in qualsiasi zona del corpo esso sia, prima di darvi per vinti e rassegnarvi ai farmaci, a cure costose o peggio ancora interventi chirurgici, prendete in considerazione la possibilità che i responsabili dei vostri disturbi possano essere i trigger point.

Intervenire su di essi e disattivarli può voler dire eliminare il dolore in tempi brevissimi a volte immediatamente, anche se questo persiste da anni.

I trigger point sono stati definiti da chi li ha scoperti e studiati (Janeth Travel e David Simons)  “il flagello del genere umano, responsabili del 75% del dolore sul corpo e di una serie infinita di disturbi.

Nessuno ne è esente, possono formarsi in una qualsiasi delle duecento coppie di muscoli del corpo di individui perfettamente sani, professionisti, atleti e  sedentari.

Per comprendere esattamente come possa innescare il dolore è necessario conoscerne il meccanismo d’azione e la fisiologia. La terapia dei trigger point cura il 75% dei dolori osteo-muscolari.

Cosa sono i trigger point

Trigger point – definizione:

Area localizzata, di una banda contratta di un muscolo scheletrico, situata nel tessuto muscolare, altamente irritabile e dolente al tatto.

Un trigger point si riconosce molto facilmente. Se toccato provoca dolore più o meno intenso al tatto, ma se massaggiato dà una sensazione di sollievo.

I trigger point primari sono dei punti che si sviluppano principalmente al centro del ventre muscolare provocando dolore o una serie di disturbi in una parte del corpo distante da esso, i secondari si formano invece intorno a un trigger point primario o lungo l’area di inserzione di un tendine nell’osso.

Semplicemente si tratta di un insieme di fibre muscolari in perenne stato di contrazione, che si addensano in strutture fibrose, generando un nodulo di dimensioni variabili secondo le dimensioni e le caratteristiche del muscolo interessato, in cui diviene impossibile sia l’eliminazione degli scarti metabolici che la circolazione sanguigna, provocando carenza di ossigeno nel muscolo.

Le fibre nervose del muscolo vengono sensibilizzate dal rilascio di prostaglandina, chinina e istamina, rendendo dolente il trigger point alla palpazione.

I trigger point possono essere attivi o latenti

Quelli attivi sono sempre dolenti alla palpazione, impediscono l’allungamento del muscolo interessato, provocando una contrattura e dolore intenso in aree anche distanti dal punto centrale.

I trigger point latenti sono dolenti alla palpazione, ma non provocano dolore in altre zone. Una volta attivati compare il dolore in zone distanti da essi. Possono attivarsi in qualunque individuo sano a seguito di movimenti ripetitivi che sollecitano una parte di un muscolo, traumi accidentali, posture scorrette, freddo, attività fisica, movimenti mantenuti a lungo con un muscolo in contrazione.

Ad esempio, molti studenti di yoga sviluppano trigger point nel sartorio, un muscolo della coscia, dopo aver tenuto molto a lungo la posizione del loto e spesso questo può far pensare ad un problema nell’articolazione dell’anca.

Il sintomo caratteristico del trigger point è il dolore “riferito” che viene percepito come un dolore profondo e opprimente che diventa acuto nel movimento e può diventare intollerabile.

Il livello del dolore dipende più dal grado di irritabilità del punto che non dalle dimensioni del muscolo interessato. Un trigger point in un muscolo piccolissimo può provocare un dolore lancinante.

Un trigger point può manifestarsi anche in maniera più subdola in totale assenza di dolore, con vertigini, rigidità muscolare, nausea, debolezza e addirittura può causare problemi posturali dovuti all’accorciamento di un muscolo.

Un esempio di un’errata percezione di un problema derivante dalla presenza di un trigger point può essere la sensazione di un’asimmetria degli arti inferiori. Infatti si può avere l’impressione che una gamba sia più corta dell’altra, a causa di una contrazione permanente di un muscolo.  Il muscolo è accorciato dal punto trigger e inoltre comprime i nervi provocando sensazioni di indolenzimento, prurito, bruciore nelle zone attraversate da quel nervo.

Ecco perchè un trigger point sul collo può provocare oltre al formicolio nel braccio e nelle mani dovuti alla compressione dei nervi, anche un’alterazione della postura della testa e una deviazione della mandibola.

Punti trigger nei muscoli del polpaccio possono comprimere una vena provocando gonfiore nei piedi e nelle gambe.

Tra gli effetti di un punto trigger sul sistema nervoso, segnalati dalla dottoressa Travel, sono noti arrossamento degli occhi, lacrimazione, vista annebbiata, palpebra cadente.

I punti trigger possono disallineare le articolazioni, provocando un’eccessiva contrazione di un muscolo durante la normale attività.

Possono provocare mancanza di coordinazione del movimento, a causa dell’indebolimento dei muscoli che ne deriva, cosa che può portare erroneamente a pensare a problemi neurologici.

Ecco cosa succede quando si forma un trigger point.

Nell’immagine in basso, vediamo le fibre muscolari in una condizione normale, nè contratta, ne rilassata (colore azzurro) Sono regolarmente distanziate e i sarcomeri che le attraversano longitudinalmente sono corti. Nella parte disegnata in rosso, possiamo vedere le stesse fibre muscolari che si aggregano in una massa fibrosa nel nodulo del trigger point e aumentano la distanza tra loro, segno che i sarcomeri vengono allungati dalla tensione generata all’interno del nodulo. Lo scopo della terapia per disattivare il trigger point sarà quello di uniformare la lunghezza del sarcomero nella fibra.schema dei trigger pointDisattivare i trigger point può voler dire risolvere un’emicrania che si ripresenta costantemente da anni, la sindrome del tunnel carpale, artriti, borsiti, tendiniti, bruciore tra le spalle, gomito del tennista, dolori all’anca, al ginocchio, alle caviglie, e mal di schiena. Come dicono la dottoressa Travel e il suo successore Simon, tutti i metodi sono validi per eliminare i trigger point, puchè si tratti di metodi fisici!

A nulla serve in questo caso la meditazione, il rilassamento o tecniche che agiscano sui corpi sottili. Non vanno applicate tecniche di stretching che avrebbero come risultato un aggravamento del problema, in quanto il muscolo si allungherebbe solo nella zona in cui è già rilassato, aggravando la contrazione che è causa del disagio.

Metodi terapeutici

1- Infiltrazioni locali di una blanda dose di procaina direttamente sul punto trigger che andrebbe a distruggere le fibre aggregate. Questa tecnica ha lo svantaggio di richiedere una precisione estrema e soprattutto rischia di non essere efficace in quanto l’ago difficilmente riesce a penetrare attraverso le fibre aggregate.

2. Il congelamento della pelle attraverso uno spray, seguito immediatamente dopo da uno stiramento del muscolo. Anche in questo caso, c’e’ la difficoltà dovuta alla necessità di stirare il muscolo nè troppo nè troppo poco e se si sbaglia ogni sforzo viene vanificato

3- La soluzione migliore è l’automassaggio, effettuato secondo criteri ben precisi, ma facilmente assimilabili.

In realtà si tratta di un massaggio a pressioni intermittenti sul punto dolente. Si preme il punto per 1 o 2 secondi e si rilascia, ripetendo per una ventina di volte. Si dovrebbe eseguire almeno 6 o 7 volte al giorno. Considerato il fatto che per ogni sessione vanno via circa 20-25 secondi, vale la pena farlo da soli.

Trovare un punto trigger non è difficile, potete riuscirci da soli. Individuatelo e trattatelo esercitando pressioni su di esso. La pressione deve essere abbastanza forte da provocare un “sano” dolore, ma non tanto forte da creare dei lividi.

Individuare il punto corretto, vi farà ottenere miglioramenti immediati, spesso sbalorditivi. Eliminare un dolore presente da mesi se non addirittura da anni con delle semplici pressioni sembra impossibile, eppure è così.

SOLO DUE PASSI PER STAR BENE:

  • Individuare il punto trigger
  • Premere sul punto con forza per qualche secondo più volte al giorno. 

 

Janet G.Travel è considerata la pioniera nella cura del dolore miofasciale.

Le sue tecniche rivoluzionarie hanno cambiato la vita di milioni di persone e anche la storia. Infatti  non tutti sono al corrente che Jonh F. Kennedy soffriva di tremendi dolori a causa di ferite riportate durante la seconda guerra mondiale e da successivi interventi chirurgici.

La dottoressa Travell lo guarì e quando Kennedy vinse le elezioni nel 1960, le affidò l’incarico di medico della Casa Bianca come riconoscimento perché lo aveva liberato dal dolore e da altri disturbi che avevano rischiato di compromettere la sua carriera politica. La dottoressa Travell e David G.Simons che ritengono che i punti trigger siano la principale causa del dolore e che al mondo c’e’ ancora tanta sofferenza, perchè i medici ancora non  ne sono a conoscenza. Per questo motivo nella pratica medica si assiste ancora a diagnosi errate, cure inefficaci e costosissime.

Nel loro libro “The trigger point manual” elencano tantissimi esempi di diagnosi errata, che vanno dall’angina pectoris all’appendicite e alla cefalea tensiva, comuni diagnosi sbagliate da medici che non conoscono l’esistenza dei trigger point.

Travell e Simons dichiarano “Troppo spesso quando un dolore ha origine miofasciale, la sua diagnosi sfugge completamente al medico che è solito liquidare il problema come minore o immaginario e a catalogarlo come incurabile.”

Troppe persone convivono tristemente con dolori reali che potrebbero facilmente e nell’immediato essere curati, se solo i medici o professionisti della salute perdessero un po’ di tempo ad approfondire la giusta conoscenza.

 

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